Costoli Aristodemo

Il padre Francesco, figlio di Gaetano, fiorentino, pittore in scagliola, fu impiegato a Volterra nel laboratorio d'alabastro aperto da Marcello Inghirami nel 1791 nel monastero di S. Dalmazio. Dei fratelli del C., Aureliano, fu allievo di G. Giarré (Cinci, 1887).
Il C. entrò nell'Accademia fiorentina a dodici anni studiando con i pittori P. Ermini, G. Bezzuoli e P. Benvenuti (P. S., 1872); viene ricordato, oltre che come scultore, come pittore di tele d'altare.
Primo suo quadro è considerato (Giorn. di commercio e d'industria, 9 dic. 1835, pp. 197 s.) una S. Filomena oggi sull'altare di S. Pietro a Careggi, alla quale U. R. Marini dedicò una poesia (Sul maraviglioso dipinto... rappresentante Santa Filomena..., Pistoia 1836). Altri quadri conosciuti sono i due Autoritratti (ora a Firenze, Galleria d'arte moderna di palazzo Pitti), dei quali uno fu donato nel 1860 dal C. al governo per la collezione degli autoritratti degli Uffizi (Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, 1860, filza 49A, ins. 10; S. Pinto, 1972, p. 148; Id., in Gli Uffizi, Catal. generale, Firenze 1979, p. 848).
All'Accademia il C. studiò scultura con S. Ricci. Nell'Archivio dell'Accademia, dal 1821, è documentata la sua presenza (321, filza 10, ins. 32), nonché i premi da lui ottenuti: nel 1821, per un'Accademia del nudo in creta (ibid., ins. 35; Gazzetta di Firenze, 27 sett. 1821); nel 1822, per un bassorilievo sul soggetto "Teti che trafuga dall'antro Emonio Achille addormentato..." (1822, filza 11, ins. 44; Antologia, ottobre 1822, p. 198); nel 1823, per un "bozzetto in creta d'invenzione" raffigurante "Ettore... che innalza al cielo il bambino Astianatte..." (1823, filza 12, ins. 33; Gazzetta di Firenze, 4 ott. 1823). Nel 1824 ricevette un premio dalla Pontificia Accademia di belle arti di Bologna per il bassorilievo Amore che trascina il cinghiale alla presenza di Venere (Firenze, Arch. d. Accad. di belle arti, 1824, filza 12, ins. 65; F. Tognetti, in Discorsi letti per la solenne distribuzione de' premj negli anni MDCCCXXIII e MDCCCXXIV, Bologna 1824, pp. 79, 105). Giovanni degli Alessandri, presidente dell'Accademia di Firenze, nel 1824 promosse presso il governo granducale la domanda più volte rinnovata, per un sussidio mensile per il giovane bisognoso e nel 1825 fece richiesta, anche questa rinnovata più di una volta, di un blocco di marmo, facendo anche presente, nel 1827, che il C. aveva già lavorato in marmo eseguendo un ritratto del segretario-bibliotecario dell'Accademia G. B. Niccolini e una testa di putto (Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, 1825, filza 14, ins. 4, 1826, filza 15, ins. 11; 1827, filza 16, ins. 14. 19; 1828, filza 17A, ins. 12., 53; 1829, filza 18, ins. 21; 1830, filza 19, ins. 46, 65; Arch. di Stato di Firenze, 1826, Segreteria di Finanze 2459, "Costoli"). In questo blocco il C. intendeva eseguire un Endimione dormiente: il gesso fu esposto nel 1825 all'Accademia a Firenze (Arch. dell'Accad. di belle arti, 1826, filza 15, ins. 59), dove già era stato esposto l'anno prima il bassorilievo Paride (Gazzetta di Firenze, 13 nov. 1824; Sulla esposiz. dei così detti piccoli premi..., in Antologia, dicembre 1824, p. 99). Il presidente dell'Accademia sollecitò il C. a lavorare sulla statua dell'Endimione in una lettera del 4 sett. 1830 (Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, 1830, filza 19, ins. 85). Nel 1828 il C. vinse il pensionato quadriennale a Roma presentando un'Accademia in creta e il bassorilievo Bacco disciolto dai fanciulli (Ibid., 1828, filza 17A, ins. 55; Gazzetta di Firenze, 15 nov. 1828). Tra i lavori eseguiti durante il pensionato, il Meneceo, del 1830, è quello che fece più forte impressione sul pubblico.
La prima commissione del lavoro in marmo a "metà del vero" fu del reverendo John Sanford (Giorn. del commercio [Firenze], 3 apr. 1839, p. 54; la statua passò quindi nella collezione Methuen: la figlia del Sanford aveva sposato un Methuen). Un documento del 1853 parla della partecipazione del "Gladiatore ossia Meneceo" all'Esposizione di New York (Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, 1853, filza 42B, ins. 71: vedi anche, sul Meneceo, Pucci, 1855). La scultura fu esposta a Firenze nel 1861 (Yorick figlio di Yorick, 1861; C. Bianchi, Meneceo, statua del prof. A. C., in L'Esposiz. ital. del 1861, II [1862], n. 42, pp. 332 s.; Premi proposti... Classe XXIV ed ultima, Scultura, ibid., n. 48, p. 384; Saltini, 1862); Emiliani Giudici nel 1865 parla della statua come "eseguita in marmo per la prima volta", ignorando evidentemente il marmo Sanford e anche un'altra versione in marmo eseguita nel 1858 Su commissione di Angiolo Gatti, mercante d'arte a Londra, segnalata più tardi da D. Rembadi (Meneceo. Statua semi-colossale..., Firenze 1873). Il Meneceo fu poi esposto a Parigi nel 1867 (Il Giornale ill. [Firenze], 7-14 sett. 1867, p. 283; G. Dupré, La scultura all'Esposizione di Parigi, in La Nazione [Firenze], 3 maggio 1869; Id., in Relazioni dei giurati italiani sulla Esposiz. ..., II, Firenze 1869, p. 163) e la sua fama sopravvisse alla morte del C. (P. S., 1872; Firenze artistica, 17 luglio 1873, p. 8, dove si parla della sua vendita; per altre notizie, vedi Pinto, 1972, pp. 43 s.). Nel 1874 il figlio del C., Leopoldo, propose al Comune di acquistare la statua, accompagnando la proposta con una raccolta dei vari scritti su di essa (Firenze, Arch. stor. comunale, Rep. Registro Gen. Aff., 1874, affare 8971).
Il grande successo subito ottenuto con questa statua favorì la carriera del C. che, quale prodigioso allievo dell'Accademia, fu privilegiato dalle Reali Fabbriche di Firenze nelle commissioni granducali, come quella, del 1831, dei bassorilievi per la sala da ballo nella Meridiana, in palazzo Pitti, su un programma dell'abate G. B. Zannoni, reale antiquario (Firenze, Arch. dell'Acc. di belle arti, 1832, filza 21, ins. 98; lettera del C. al presidente dell'Accademia: per tutta la documentazione, vedi Bradley, 1976-77, pp. 116 s., 135, 178, 179 s.., 188, 190 s., 267 s.).
Una commissione più importante fu quella del 1832 per la statua di Galileo, per la tribuna di Galileo nel Museo della Specola (sulla documentazione relativa al Galileo e ad altri lavori per la tribuna, vedi Bradley, 1976-77, pp. 66, 69-, 71 s., 753 111 s., 3 121 s., 142 s., 183 s.., 186, 188, 195, 197, 205-207, 211, 214-217, 250, 265, 267 s.; vedi inoltre: Gazzetta di Firenze, 4 ott. 1834; M. Missirini, Quadro delle arti toscane, Milano 1836, p. 23; G. Rosini, Descriz. della Tribuna..., Firenze 1841, p. 5; Kunstblatt, 29 sett. 1842, p. 309; P. S., 1872, p. 18; [V. Antinori], Guida per la Tribuna..., Firenze 1843).
Nel 1836 Vincenzo Batelli, organizzatore del progetto per l'erezione di ventotto statue di toscani illustri nella loggia degli Uffizi assegnò al C. quella del Machiavelli (Arch. di Stato di Firenze, Acquisti-Doni, 104, istanza 6, 1º nov. 1836; M. Missirini, Di ventotto statue..., Firenze 1838, pp. 11 s.), ma nel 1842 il C. chiese ed ottenne che la commissione gli venisse cambiata con quella per la statua di Galileo che, donata dal granduca, fu inaugurata nel 1851 (Arch. di Stato di Firenze, Acquisti-Doni, 103-121; Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, 1848, filza 37C, ins. 156; 1851, filza 40A, ins. 25; A. Cecioni, Scritti e ricordi, Firenze 1905, p. 293).
Dal 1839 si hanno notizie relative alla commissione per il monumento all'arcivescovo di Firenze Francesco Gaetano Incontri nella navata minore a destra nel duomo di Volterra (Firenze, Bibl. naz., Carteggi vari, 453. 9, 453, 12: lettere del C. al professor A. Checcucci di Urbino; Giorn. del commercio [Firenze], 12 giugno 1839, pp. 94 s.; 21 giugno 1843, pp. 88 s.; Cinci, 1887, p. 33), per il quale il C. eseguì il busto.
Nel 1841 fu iniziata una sottoscrizione per un "cenotafio da innalzarsi all'abate Fruttuoso Becchi, segretario dell'I. e R. Accademia della Crusca", in S. Marco a Firenze (oggi non identificato: Giorn. del commercio [Firenze], 27 genn. 1841, pp. 14 s.). Il monumento al Senatore Alessandro Pontenani, collocato nel chiostro di S. Croce, si trova ora nel deposito (E. Poggi, ibid., 20 nov. 1844, pp. 186 s.). Del 1846 è il busto di Leopoldo II conservato a Lucca, nel Museo nazionale di villa Guinigi (S. Meloni Trkulja, Museo di Villa Guinigi..., catal., Lucca 1968, p. 113, fig. 45).
L'interesse sempre crescente suscitato da L. Bartolini cominciava ad offuscare la fama del più giovane Costoli. Ma i contrasti fra i due, di ordine stilistico e pratico, vanno ridimensionati, se si pensa che nel 1839, quando il Bartolini fu nominato maestro di scultura all'Accademia, fu creato il posto di "sottomaestro" ed affidato al C. (Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, filza 28, ins. 14; Giornale del commercio [Firenze], 13 marzo 1839, p. 42). Del resto lo stesso C. già nel 1840 si considerava fra i sostenitori del principio dell'imitazione della natura (Bradley, 1976-77, pp. 123, 268), che fu oggetto di tante polemiche e che fu ampiamente diffuso dal Bartolini dal 1841 (P. Barocchi, Testimonianze e polemiche figurative in Italia. L'Ottocento. Dal Bello ideale al Preraffaellismo, Messina-Firenze 1972, pp. 153-172 passim).
I dissapori e l'invidia affiorarono invece più tardi, in occasione del concorso per il monumento a Colombo (Arch. di Stato di Firenze, Acquisti-Doni, 285: "Dono Cecconi" [C. P. Cecconi, console generale di Toscana in Genova], Pratica relativa al concorso delle statue di Colombo).
Del C., invitato a partecipare al concorso nel settembre 1845, esiste un disegno nella collezione Batelli del Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi a Firenze, e si hanno notizie del suo bozzetto fuso in bronzo da C. Papi (Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, 1848, filza 37A, ins. 76; filza 39B, ins. 101; Arch. di Stato di Firenze, 1848, I. e R. Corte 568 [computisteria]; Gazzetta di Firenze, 6 ott. 1848; Pinto, 1972, pp. 98 s.). Ma la giuria all'Accademia di Milano scelse quello di M. Canzio. Il C. ne rimase profondamente amareggiato, ma ancor più si indignò per il fatto che la commissione genovese, in omaggio alla scuola toscana, propose di far eseguire il gruppo centrale, Colombo con l'America ai suoi piedi, al Bartolini che pure non aveva partecipato al concorso e che il C. definiva "il nuovo Talleyrand artistico e certamente non il capo della vera scuola fiorentina".
Al C. furono affidati la statua della Prudenza e il bassorilievo Colombo che pianta la Croce sulla spiaggia (sul monumento a Colombo, inaugurato nel 1862 in piazza Acquaverde a Genova, vedi F. Alizieri, Notizie dei professori del disegno in Liguria..., III, Genova 1866, p. 344; Nuovo Giorn. ill. univ. [Firenze], 10 genn. 1869, pp. 9 [ill.], 14; L'Illustraz. popolare [Milano], 14 ag. 1892, pp. 5443 548 s. [ill.]; O. Grossi, Docc. e ricordi colombiani conservati in Genova, in Il Comune di Genova..., 30 sett. 1925, p. 1054; H. Honour, L'image de Christophe Colomb, in La Revue du Louvre, XXVI [1976], 4, p. 263).
Alla morte del Bartolini il C. fu incaricato di sovrintendere al compimento del monumento a Vittorio Fossombroni in S. Croce a Firenze e alla fusione dell'Astianatte (Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, filza 39A, ins. 5; filza 39B, ins. 99). Tra il 1851 e il 1856 le commissioni del C. rimanevano incompiute, ma a questo proposito egli fece ricorso all'Accademia perché non gli veniva assegnato lo studio del Bartolini occupato da P. Freccia, incaricato di completare il gruppo di Colombo con l'America (Firenze, ibid., 1851, filza 40A, ins. 26; 1852, filza 41B, ins. 104; 1853, filza 42B, ins. 87; 1856, filza 45B, ins. 82). Richiese (1850) ed ottenne il titolo di maestro all'Accademia che conservò fino al 1860, quando fu soppressa la scuola superiore di scultura e l'insegnamento cominciò a essere impartito negli studi degli scultori espressamente nominati (Ibid., 1850, filza 39A, ins. 7; 1860, filza 49B, ins. 98). Furono suoi allievi, tra gli altri, V. Cerri, A. Cecioni, G. Masini, P. Ricci, P. Lazzerini e N. Panichi (Ibid., 1861, filza 50B, ins. 82: lettera del C., dell'agosto 1861, al segretario dell'Accademia E. Giudici).
Negli ultimi anni di vita eseguì il monumento per la cantante Angelica Catalani (Pisa, Camposanto), raffigurandovi S. Cecilia e ai lati la Carità, e un Angelo (P. Emiliani Giudici, in Gazette des Beaux-Arts, III [1859], p. 238; P. D'Ambra, in La Nazione [Firenze], 3 sett. 1867) e il monumento a Cavour ad Ancona (Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, 1864, filza 53, ins. 42; 1867, filza 56, ins.47; Ibid., Arch. stor. comunale, Rep. Registro Uffizio d'arte, 1867, affare n. 2751; Nuovo Giorn. ill. univ. [Firenze], 29 nov. 1868, pp. 254 s., 256 [Ill.]; p. 5, 1872).
Il C. ebbe un certo mercato all'estero, anche se è difficile precisarne le vie. Il mercante di Londra Angiolo Gatti dovette dargli, oltre a quella, già citata, per il Meneceo, altre commissioni, così come ad altri scultori, tanto che il C. propose, a riconoscimento di ciò, che l'Accademia nominasse "Angiolo Gatti di Pistoia" professore onorario (Firenze, Archivio dell'Accademia di belle arti, 1861, filza 50A, ins. 31). Il reverendo John Sanford che soggiornò a Firenze nel quarto decennio, oltre alla citata versione in marmo del Meneceo, gli commissionò, tra altre cose, i busti dei familiari (disegni risultano da un elenco di fotografie del Courtauld Institute di Londra: The Sanford Watercolour Copies, 1968), e una versione in gesso e una in marmo (1837) di un busto in terracotta di Lorenzo il Magnifico creduto di mano di Michelangelo (Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, 1852, filza 41B, ins. 135: acquisto da parte del pittore C. E. Liverati; U. Middeldorf, Catal. of the S. H. Kress Coll., European Sculpt. XIV-XIX Cent., London 1976, p. 43).
Lo stile del C. si discosta di molto da quello del suo maestro S. Ricci, soprattutto, in alcuni casi, come nella Meridiana (sala da ballo) di palazzo Pitti o nel Galileo della tribuna, nei quali egli ha saputo rispondere in maniera moderna alle diverse sollecitazioni dei soggetti: adottando nella prima uno stile aggraziato ma corposo, e nel secondo uno stile solenne, con forme sapientemente aggiustate nella luce. È un interesse maggiore per i dati naturali oggettivamente raccolti che lo avvicina al Bartolini, particolarmente nei ritratti nei quali cercava le più vive qualità naturali, sia riprendendole dai modelli storici sia, più direttamente, dal modello umano.
Il C. morì a Firenze il 22 giugno 1871 (La Nazione [Firenze], 24 giugno 1871; P. Del Vago, in Nuovo Giorn. ill. univ. [Firenze], 2 luglio 1871, p. 263).
Le opere contenute nel suo studio (Firenze, Arch. dell'Accad. di belle arti, 1871, filza 60, ins. 31, inventario) passarono al figlio, Leopoldo, anche lui scultore: dai documenti (Ibid., Archivio storico comunale, Rep. Registro Uffizio d'arte, 1872, affare 217 [manca], 954, 1736 [manca]; 1873, affare 8041, 13.693 [manca], 14-107 [manca]; 1879, affare 5804, 10.251 [manca]) risulta che, costretto a liberare lo studio dell'Accademia, le avrebbe portate in uno studio museo dirimpetto al cimitero inglese.
Leopoldo, figlio del C. e di Lorenza Martini, nacque a Firenze il 30 marzo 1847 (Arch. di Stato di Firenze, Stato civile toscano, Nascite, filza 991, Firenze, 1315). De Gubernatis, che praticamente è l'unica fonte, scriveva che "pel suo talento, per le doti speciali che lo distinguono non è inferiore al padre" e che "busti e statuette" in "gran quantità trovansi all'estero". Successo di critica ebbe un gesso con Michelangelo nell'atto di ideare le fortificazioni del Colle di S. Miniato (L'arte in Italia, II [1870], p. 183; G. Gargani, Michelangelo... modellato... dal Signor L. C...., Firenze 1870; La Nazione, 14 sett. 1871).
In Firenze nel palazzo agli Orti Oricellari restano di Leopoldo dei medaglioni con personaggi del Quattrocento eseguiti nel 1869 in occasione del centenario di Machiavelli (G. Poggi, Ricordi della vita..., Firenze 1909, p. 68; L. Ginori Lisci, I palazzi di Firenze..., Firenze 1972, I, p. 306, 248 [ill.]), il monumento a Bernardo Cennini in S. Lorenzo (L'Arte in Italia, 1872, p. 73; Nuovo Giorn. ill. univ., 28 marzo 1872, p. 119), il monumento al Conte Galli Tassi nel tempietto dell'ospedale di S. Maria Nuova (La Nazione, 20 apr. 1872; 25 apr. 1872; 16 maggio 1872; 23 febbraio e 27 marzo 1875), e quello a Nicolò Tommaseo in piazza Tommaseo a Settignano (La Nazione, 8maggio 1878, 3 giugno 1878;G. Carocci, in L'Illustraz. ital., 23 giugno 1878, pp. 411, 414).
Leopoldo morì a Firenze il 21 febbr. 1910; aveva sposato Vittoria Messeri (Comune di Firenze, Stato civile, Atti di morte 1910, n. 316, parte II, serie B).

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