Marocchetti Carlo
MAROCHETTI (Marocchetti), Carlo.
Nacque a Torino il 14 genn. 1805 da Vincenzo e da Caterina dell’Isola.
Il M. dimostrò fin da giovanissimo l’inclinazione per la modellazione, frequentò lo studio dello scultore F.-J. Bosio e l’atelier del pittore J.A. Gros (Calderini, pp. 13-15). Classificatosi terzo al concorso del «Prix de Rome», decise di intraprendere il viaggio a proprie spese. Dal 1822, anno della morte del padre, soggiornò a villa Medici, in parziale isolamento rispetto all’ambiente italiano e alla stessa cultura figurativa della città dominata in quegli anni da B. Thorvaldsen: lo rivela la statuetta Bimba che gioca con un cane, risalente al 1826 (ora nel castello di Agliè, galleria d’arte), esempio di «classicismo alessandrino, alquanto rigido e controllato» (Artisti piemontesi…, p. 5; vedi anche Bovero, pp. 185 s.; Gabrielli, pp. 28, 42). Inviata al Salon parigino del 1827, l’opera ottenne la medaglia d’oro e fu acquistata dal marchese C.E. Alfieri di Sostegno, ministro del Regno di Sardegna in Francia, per farne omaggio al suo re Carlo Felice. Non si conoscono invece le circostanze dell’esecuzione del busto in marmo del sovrano, anch’esso conservato nella galleria d’arte del castello di Agliè (Gabrielli, p. 44) e presumibilmente risalente a una data anteriore al 1831, anno della morte di Carlo Felice. A quell’epoca il M. risulta già rientrato in Francia, dove rimase stabilmente fino al 1848.
Nel 1831 partecipò ancora al Salon, esponendo un Angelo ribelle, non rintracciato, e cominciò ad affermarsi con commissioni private di soggetti religiosi (rilievo con Gesù e i discepoli di Emmaus di collocazione ignota, una statua di S. Michele Arcangelo per la tomba cinquecentesca di Michel de l’Hôpital nella chiesa di Champmotteux), fino ad aggiudicarsi la commissione dell’altare maggiore in marmo della chiesa della Madeleine a Parigi (il contratto del 30 giugno 1834 è riferito all’esecuzione di due angeli adoranti; ma vengono comunemente attribuiti al M. anche il gruppo centrale con l’Ascensione di Maria Maddalena, il bassorilievo con una Ultima Cena, i candelabri e il tabernacolo: Calderini, p. 55), per il quale G. Hubert sostiene che il M. ricevette 150.000 franchi (p. 142). Frattanto, nel 1830 vinse il concorso dell’Accademia Albertina di belle arti di Torino per la statua del benefattore monsignor Vincenzo Maria Pallavicino Mossi di Morano (l’esecuzione si limitò al modello e alla sbozzatura del marmo, poi perfezionato dopo la sua morte, in data successiva al 1870, e collocato nell’atrio dell’Accademia: Artisti piemontesi…, p. 1; Di Maio, p. 162; Le arti del disegno…, p. 9). Risale al 1831 il medaglione bronzeo di Giuseppe Monticoni (Torino, Museo dell’Accademia Albertina) «riuscita sintesi tra equilibrio classico e vitalità di matrice romantica», firmato e datato (Le arti del disegno…, p. 84). Tali prove valsero al M., ventiseienne, la nomina a socio onorario dell’Accademia e l’incarico da parte di Carlo Alberto dell’innalzamento del monumento equestre a Emanuele Filiberto (1831-38: Torino, piazza S. Carlo).
Sono da interpretare come esercizio di stile i quattro bronzetti, battuti all’asta nel 1987, sul soggetto della Disfida di Barletta, opera «particolarmente significativa dello stile troubadour ispirato da certa tradizione letteraria che si apre in Italia con il piemontese Massimo d’Azeglio» (I bronzetti di M.), autore dell’Ettore Fieramosca comparso a Milano nel 1833; di Massimo d’Azeglio il M. modellò, probabilmente nel 1836, il ritratto in gesso a figura intera, conservato a Torino nella Galleria civica di arte moderna ed eseguito in uno stile ricondotto a modi puristi (Artisti piemontesi…, p. 5).
Continuarono anche le commissioni in territorio francese, tra le quali spiccano la statua del politico P.-P. Royer-Collard a Vitry-le-François, i monumenti funebri del marchese di S. Tommaso e di V. Bellini nel cimitero di Père-Lachaise e soprattutto il rilievo marmoreo per l’arco di Trionfo raffigurante la Battaglia di Jemmapes, del 1836, debitore del senso di movimento e del colorismo romantico del maestro Gros (calco in gesso a Torino, Galleria civica di arte moderna: Artisti piemontesi…, p. 5).
Intanto il governo piemontese riduceva drasticamente il progetto iniziale del monumento a Emanuele Filiberto, tanto che il M. dovette rinunciare alle figure allegoriche e prevedere invece, oltre alla statua equestre in bronzo, due bassorilievi, sempre in bronzo, con La battaglia di San Quintino e Preparativi per la pace sui fianchi del basamento in pietra di Baveno, del cui disegno si occupò personalmente (Bovero, p. 190). La statua del sovrano fu interamente realizzata in Francia, fusa in due soli pezzi; esposta nel 1838 nel cortile del Louvre, fu perciò inclusa nel catalogo del Salon di quell’anno, suscitando voci entusiaste, che tra il 1840 e il 1850 avrebbero portato al M. molte commissioni per monumenti equestri in tutta Europa.
Dalla Francia, il M. seguì il trasporto della statua di Emanuele Filiberto fino a Torino, partecipò all’inaugurazione il 4 nov. 1838 e quattro giorni dopo ricevette da Carlo Alberto il titolo di barone.
Al suo rientro a Parigi, nel 1839, il M. ricevette la Legion d’onore e nel 1841 gli fu confermata la naturalizzazione francese che aveva ereditato dal padre. Tali riconoscimenti ne fecero uno scultore quanto mai radicato nell’ambito transalpino, sul quale ricaddero negli anni Quaranta le commissioni per i monumenti pubblici a Théophile Malo Correr, detto La Tour d’Auvergne (1841, Carhaix, place du Champ de bataille), a Louis Berthollet (1844, Annecy, giardini pubblici), a S. Vincenzo de’ Paoli (1846, ospizio della Carità di Lione). Dal 1846 al 1848, come già nel 1831, il M. fu sindaco di Vaux-sur-Seine.
Nel 1848, in seguito alla deposizione di Luigi Filippo d’Orléans, il M. si trasferì a Londra, dove risiedette fino all’anno della morte al n. 34 di Onslow Square e sistemò il proprio atelier con fonderia al n. 76 di Fulham Road.
Il M. condusse una vita raffinata, strinse legami con gli italiani presenti a Londra, come il bibliotecario Antonio Panizzi, o di passaggio, come Massimo d’Azeglio nel 1853, A. Fontanesi, G. Duprè, che tra l’altro parlò della consuetudine del M. di creare sculture colorate, in cui non si discerneva più la natura del materiale ma si era completamente rapiti dagli effetti realistici, sulla scia di una tradizione che lo stesso M. faceva risalire al Medioevo e agli antichi Greci. Sono così le statue del Monumento funebre de la Riboisière (Parigi, cappella dell’ospedale La Riboisière), i busti di Gouramma di Coorg (Osborne, Royal Collection) e del principe Duleep-Sing (Vaux, castello Marochetti) e una statuetta della Regina Vittoria, quale sovrana della pace e del commercio (opera non rintracciata del 1856: Dictionary of art, p. 455). L’inclinazione per la policromia è testimoniata anche da un’inedita lettera dell’ottobre 1856 al laboratorio di pittura su vetro della Manifattura reale di Sèvres, chiuso già da due anni, nel tentativo di stimolarne la ripresa per la realizzazione delle vetrate della cattedrale di Glasgow (Silvestri). Molti critici hanno anche pensato di cogliere nelle opere inglesi del M. un influsso preraffaellita per la rigidità dei contorni, per l’accentuazione del linearismo e per l’adozione di un modello stereotipato di bellezza femminile, come per esempio nella tomba di William Lamb, secondo visconte di Melbourne (Londra, abbazia di Westminster: Panzetta, p. 570) o nel rilievo preparato per la tomba di famiglia (Vaux, castello Marochetti). Ma sui reali rapporti tra il M. e i preraffaelliti appare tuttavia illuminante un disegno di D.G. Rossetti che lo ritrae insieme con lo scultore Th. Woolner, con sullo sfondo il monumento a Riccardo I: il M. contornato da sacchi di soldi, l’altro seduto davanti a una misera teiera, mentre dalla sua pipa esce fumo che avvolge un occhio divino puntato sullo sghignazzante M. (Londra, archivi Rossetti).
Dalla metà degli anni Cinquanta si svilupparono anche le vicende del monumento a Carlo Alberto (1861) in piazza Carlo Alberto a Torino, richiestogli dal governo piemontese.
L’ultima evoluzione dello stile del M. si manifesta in due opere destinate ancora all’Italia, cioè il busto bronzeo di Gioachino Rossini (1863: Milano, teatro alla Scala) e il monumento a figura seduta dello stesso, che pare da questo derivato (1864: Pesaro, conservatorio). Nel 1867 divenne socio della Royal Academy e preparò la statua del Principe Alberto seduto, di dimensioni più grandi del vero, pronta per la fusione a fine anno (Londra, Hyde Park, Albert Memorial).
Il M. morì il 28 dic. 1867 a Passy (Parigi), ospite della cognata, contessa De Sade, presso la quale si trovava per il matrimonio di una nipote e in procinto di proseguire per Bruxelles per le nozze del primogenito Maurizio. Fu sepolto nel cimitero di Vaux-sur-Seine. La città di Torino gli avrebbe dedicato, nel 1896, una targa sulla casa natale al n. 31 di via Principe Amedeo.
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